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Vincenzo Manobianco. Il campione di SUP che cavalca l’onda del successo.

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Datemi una pagaia e vi solleverò il mondo!
Non c’è spiaggia che non sia animata da appassionati che si levano al grido di SUP.
Splendide località balneari sono veri e propri paradisi per gli appassionati di questo sport. Tra i luoghi più iconici, ci sono le acque cristalline di Waikiki Beach alle Hawaii o le lagune turchesi di Bora Bora, la costa frastagliata e le insenature nascoste della Croazia e ancora l’Australia, con la Gold Coast e i suoi infiniti chilometri di spiagge dorate, perfette per esplorare sia l’oceano che i tranquilli fiumi interni. Infine, il Lago di Garda in Italia che, con il suo mix di vento e acqua calma, attira paddleboarders da tutto il mondo.
Ma cos’è e quali sono le origini di questo sport che è da un po’ tendenza sui mari di tutto il mondo?
Acronimo di Stand Up Paddleboarding, il SUP è uno sport acquatico che si pratica remando in piedi su una tavola simile, ma di dimensioni più ridotte, a quella del surf. Nonostante la sua recente esplosione di popolarità, le radici di questa disciplina risalgono a millenni fa.
Erano gli antichi pescatori di Chan Chan in Perù ad utilizzare una rudimentale forma di canoa che manovravano in piedi con un remo. Tuttavia, il SUP moderno, così come lo conosciamo oggi, nasce intorno al 1940 alle Hawaii, precisamente sulla spiaggia di Waikiki. Qui, un gruppo di surfisti guidati dal leggendario Duke Kahanamoku iniziò a cavalcare le onde in un modo nuovo, dando origine al “Beach Boy Surfing”.
Negli anni ‘90, poi, Laird Hamilton, una figura di spicco nel mondo del surf, riscoprì questa disciplina, promuovendolo al grande pubblico. L’introduzione dei SUP gonfiabili, che possono essere facilmente trasportati, ha contribuito significativamente alla diffusione di questo sport, rendendolo accessibile a chiunque, indipendentemente dall’età o dalla preparazione fisica.
Il SUP è molto più di uno sport acquatico; è uno stile di vita che sta conquistando sempre più persone in Italia e nel mondo. Sarà per le sue radici antiche, la sua rinascita alle Hawaii e la sua evoluzione tecnica che lo hanno reso una disciplina affascinante e accessibile, fatto sta che è una delle attività preferite dagli sportivi durante tutto l’anno.
Negli ultimi anni, il SUP ha conosciuto un successo straordinario in Italia. Questo sport non solo è facile da praticare e richiede un’attrezzatura relativamente economica, ma offre anche numerosi benefici per il corpo e la mente. La versatilità del SUP permette di praticarlo in diverse forme: dal surfing al touring, dalla pesca allo yoga. L’Italia, con le sue meravigliose coste, laghi e fiumi, offre lo scenario ideale per immergersi in questa attività.
Il successo del SUP in Italia è testimoniato anche dalla crescente presenza di scuole e club dedicati, oltre che dalla partecipazione a eventi e competizioni nazionali e internazionali. Questo sport ha il potere di connettere le persone con la natura, offrendo momenti di relax e benessere fisico e mentale.
Tra i più talentuosi atleti di SUP a livello mondiale troviamo personaggi provenienti da diverse nazioni, inclusi Stati Uniti, Australia, e naturalmente Hawaii, il luogo di nascita del SUP moderno. In Italia, uno dei nomi di spicco è Vincenzo Manobianco, recordman e terzo classificato ai mondiali di SUP. La sua dedizione e il suo talento lo hanno reso un punto di riferimento per molti appassionati di questo sport.
Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Vincenzo Manobianco, che ci ha parlato della sua esperienza nel mondo del SUP.

Come hai iniziato a praticare il SUP e cosa ti ha attratto di questo sport?
Ho praticato per diversi anni canoa, uno sport olimpico da acqua piatta, quindi da fiume o da lago. Di conseguenza, nel nostro mare risultava spesso non facile uscire in acqua, allora andavo, in alternativa, in palestra o in corsa e, solo quando era proprio piatto, uscivo in mare per allenarci in acqua. Questo era un grosso handicap per quando poi ho iniziato a fare gare importanti perchè si notava la differenza con gli altri atleti. Io sognavo uno sport come la canoa che mi permettesse di uscire sempre, di poter sfruttare il mio mare. Quando, a Polignano, ho visto per la prima volta un sup, un Sup Race per l’esattezza (tavola da velocità), sul quale un uomo pagaiava tranquillamente sul mare anche grosso, me ne sono subito innamorato ed ho iniziato in tutti i modi a capire come potermi avvicinare a quello sport.

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Qual è stato il tuo percorso fino a diventare un recordman e classificarti terzo ai mondiali?
Il percorso è stato bello colorito poichè inizialmente c’era il problema di trovare qualcuno che potesse noleggiarmi una tavola e istruirmi. Fino a che ho ritrovato quella persona che avevo visto sul sup a Polignano, Giovanni Mastronardi, questo il suo nome. Lui mi ha istruito sulla pagaiata e mi ha fornito i mezzi, tavole e pagaie in carbonio. Ha avuto fiducia nelle mie potenzialità, mi ha allenato e mi ha dato tutto. Di lì sono iniziate le gare, ho cominciato a girare per l’Italia e sono arrivati i primi premi: vinsi il Surf CAMP di Santander in Spagna imparando molte cose. Da quel momento capì che mi serviva fare esperienza anche sull’oceano e andai in Portogallo per un altro surf camp, a Lisbona e Cascais. Successivamente ho allenato una squadra di agonisti con i quali ho viaggiato molto imparando insieme a loro molte cose. Come dice Seneca, dall’istruire si impara. Poi sono arrivate le gare e la nazionale, la gara in Thailandia è andata molto bene: ho ottenuto il terzo posto con la cinque chilometri e c’è stata anche una gara monotipo, una gara nuova. In Thailandia c’è produzione delle tavole, è stata proposta lì per la prima volta una gara monotipo con 50 tavole tutte uguali ed io ho ottenuto un secondo posto. Il record è stata una sfida con me stesso, prima di tutto, perché sapevo di poter fare qualcosa di bello. Ho voluto tentare e ci sono riuscito.

Chi può praticare questo sport? Da quanti anni?
Inizialmente lo praticavano persone adulte ma negli ultimi tempi si è diffuso anche tra i piccolissimi. Io lo consiglio a chiunque, dai primi anni di età fino ai 100. È uno sport altamente formativo, infatti, molti ragazzini si stanno avvicinando al mare grazie al sup. Ti dà la possibilità di scoprire cos’è il mare, navigando capisci da dove arrivano le correnti e riconoscere i venti. I miei allievi, stando in piedi sulla tavola, hanno una percezione che è la migliore rispetto a tutti gli sport acquatici. Poi capita che i ragazzi peschino rifiuti dal mare mentre sono sul sup per portarli nei contenitori appositi. Ogni volta che li vedo fare questo spontaneamente, senza che io l’abbia chiesto loro, sono molto felice. Ci sono alcuni surfisti che lo reputano uno sport ‘troppo semplice’ e invece non è così: è vero che è uno sport che si può praticare in acqua piatta ma è anche uno sport estremo, perché, una volta che lo si impara sia da ragazzi, bambini che adulti, si tende a volere sempre qualcosa in più. Io stesso ho iniziato a pagaiare in acqua piatta, facevo canoa e volevo solo acqua piatta, poi ho iniziato ad apprezzare il bello del mare mosso delle onde, del vento forte e, quindi, del surfare onde grandi con il sup. Una delle cose più belle del mondo è quando pagai e remi sul mare piatto e poi arriva un’onda che ti porta avanti per una ventina di metri, o addirittura cento metri, e poi riprendi a pagaiare (questo si chiama downwind). Alcune gare si affrontano in oceano con acque mosse. Il sup ha diversi livelli, adatti a tutti, a chi vuole fare solo una passeggiata o a chi vuole praticare un’attività fisica estrema. Chiaramente cambiano anche le tipologie di tavole da usare a seconda del livello.

E quali benefici apporta al fisico e alla mente?
Innanzitutto, già dalla prima lezione, chiunque mi dice che la percezione dal mare è diversa rispetto a quella che si ha passeggiando sul lungomare: un panorama completamente differente. Stare in acqua e remare porta ad una condizione di pace. Questo è il primo beneficio, il primo feedback positivo che mi danno alla fine della lezione. Poi il fisico lavora tantissimo specialmente partendo dalle gambe che devono dare equilibrio ma devono anche trasmettere la propulsione della remata. In modo primario lavorano anche l’addome, il busto, il dorso e, in modo secondario, anche le braccia e il petto, bicipiti, deltoidi.

Iniziamo dal tuo recente successo. Come ti sei preparato per raggiungere il record delle 20 rotazioni in un minuto sulla tavola da SUP?
Per prepararmi al mio record ho usato molto balance board e slack line in equilibrio, quindi esercizi squat, esercizi sulle fit ball, stando in ginocchio, stando in piedi. Poi mi allenavo facendo le rotazioni in un minuto cronometrandole, dopo il lavoro, soprattutto in seguito sessioni con i bambini ai campi estivi: a fine sessione provavo sempre a fare qualche rotazione ed era bello perché i ragazzi mi aiutavano, c’era chi faceva il tifo, chi teneva il tempo, chi contava. È stato un upgrade anche grazie a loro. Inoltre, mi sono allenato nella piscina ad onde del Di Palma Sport di Bari. Lì, sul finire della giornata, entravo con la tavola, dopo aver fatto un paio di tuffi con mio figlio, iniziavano gli allenamenti.

Quali sono state le principali difficoltà che hai incontrato durante l’allenamento per questo record e come le hai superate?
Tra le principali difficoltà c’era sicuramente il fatto che mantenere la rotazione oltre i trenta secondi risultava molto difficile, sia per una questione di equilibrio e sia perchè mi girava la testa. Poi, cominciava ad andare in forte trazione la gamba posteriore, quella su cui poggio tutto il peso, perchè la tavola, quando si impenna, diventa come la punta di un compasso, con la pinna che è sotto ferma mentre la prua gira, in senso orario o antiorario. Infatti, se l’atleta è più propenso a remare a destra, girerà in senso antiorario, se è più propenso a virare a sinistra la tavola girerà in senso orario.

Puoi descrivere l’emozione che hai provato quando hai realizzato di aver battuto il record precedente?
C’è da dire che in tutte le prove di allenamento, di volta in volta, sentivo che l’avversario da battere ero io. Dopo diversi allenamenti arrivavo a totalizzare 17/18, ma c’erano giorni in cui riuscivo a fatica a farne 16, probabilmente per stanchezza, mi intestardivo ma questo non faceva che peggiorarmi. Da un atleta non si può pretendere sempre lo stesso risultato ogni giorno, quindi quotidianamente sentivo che l’avversario da battere ero io perchè sapevo di poter fare un tot di rotazioni ma non sempre riuscivo ad esprimermi. Alla fine ero riuscito a farne 19 durante gli allenamenti e speravo di farne 19 anche il giorno del record. Invece è andata ancora meglio poichè ne ho fatte 20 ed ero felicissimo avendo ottenuto un risultato più alto di quello che mi aspettavo. Quindi sono stato contento di battere me stesso. Anche perchè nella prima prova io avevo compiuto 18 rotazioni ed era già battuto il record ma io sapevo di poter fare di più e ho voluto continuare alzando l’asticella e facendo altri tentativi.

Il terzo posto ai Mondiali in Thailandia è stato un altro traguardo importante. Quali ricordi hai di quella competizione?
Dei Mondiali in Thailandia ricordo il caldo atroce, umido, per cui cercavo sempre di idratarmi, bere in continuazione, bagnarmi. Ho sempre gareggiato con una lycra a maniche lunghe che bagnavo sempre. Poi, ricordo che c’erano tanti atleti, mostri sacri, colonne portanti dello sport in mare con cui era bello potersi mettere in competizione. Ad esempio c’era l’australiano Michael Booth e Andrey Kraitor già campionissimi in canoa e pluricampioni del mondo anche in sup. sapevo che non dovevo mollare nulla e spingere dall’inizio alla fine se volevo ottenere un ottimo rrisultato.la partenza è stata ottima, Sono riuscito a stare con loro e fare lavoro di scia cercare di non mollare e stare sulla scia che procuravano gli altri. Era lotta per le prime due posizioni, Dopo il giro di boa di metà gara tutto è dipeso dall’onda di ritorno, quindi chi surfava meglio andava un po’ più avanti. Le posizioni però non sono cambiate, erano sempre le stesse. Il momento più bello, oltre la premiazione, che è stata fantastica, è stato trovare bambini di tutte le etnie che ti aspettavano sotto il podio perchè volevano autografo sulla porta pagaia o su un pezzo di carta. Quella è stata la cosa più bella perchè i bambini hanno le emozioni più pure e ti vedono come un supereroe. È stato davvero emozionante.

Quali sono i tuoi obiettivi futuri nel mondo del SUP, sia come atleta che come istruttore?
I miei traguardi in questo momento non sono rivolti solo a me come atleta ma anche a far crescere i talenti che abbiamo, e magari farne sbocciare altri portando questo sport ad essere maggiormente conosciuto. Se riuscissimo, anche con l’aiuto delle istituzioni, ad avere una sede stabile potremmo fare grandissime cose considerando che già ora la Puglia comanda nel sup Italia. Per quanto riguarda me come atleta, cerco di essere pronto per gli appuntamenti importanti, essere in forma per raccogliere quello che ho seminato: dare il massimo senza pensare al podio.

Cosa consiglieresti a chi vuole iniziare a praticare il SUP e magari seguire le tue orme?
Quello che consiglio a chi vuole intraprendere questo sport, e magari farlo anche in maniera agonistica, è di macinare, lavorare e sacrificarsi, capire che se si vuole riuscire nello sport non bisogna arrendersi ai primi ostacoli, lo sport è merito, non è vincere solo una medaglia ma saper cogliere quello che sa darti di ritorno. Cercare di essere sempre attento con gli allenamenti e ricordarsi, però, che lo sport è sempre un gioco: non va mai preso troppo seriamente, ci sono dei momenti in cui si lavora e momenti in cui si gioca perchè lo sport deve sempre essere anche una valvola di sfogo e divertimento, anche ad alti livelli.

Hai usato una tavola specifica per il tuo record, la Reptile I-Rider 9’0’’ x 31’’. Cosa rende questa tavola adatta per eseguire rotazioni così rapide?
Ho fatto il record con una reptile che in questo caso mi dava velocità in quanto il volume era non eccessivo. È vero che è più instabile, infatti all’inizio cadevo sempre quando facevo tentativi di record, però poi, pian piano, prendendo stabilità, mi accorgevo che se riuscivo a rimanere su potevo essere molto più veloce, soprattutto perché quella tavola era poco volumetrica e poco volume da più velocità di virata. Poi anche lo step, il gradino su cui si appoggia il piede a poppa, ha un bel grip e riuscivo a mantenere ben saldo il piede a poppa.

Come vedi il futuro del SUP in Italia e quali sono le tue speranze per questo sport?
Spero tanto che nel sup, come in tutti gli sport, ci sia unione, un lavoro di squadra in cui ci si incontra e si cresca insieme. Per quanto riguarda gli amatori, chi si avvicina a questo sport, la mia speranza è che ognuno abbia sempre pronto nel proprio garage un sup rigido o gonfiabile perchè l’Italia ha chilometri e chilometri di costa e i mari più belli al mondo. Il sup è il modo migliore per vivere il mare perchè ti dà la possibilità di camminare sull’acqua. Poi l’esplorazione, il divertimento, l’allenamento del sup, a mio parere, fra gli sport acquatici, non è pari a nessun altro.

Se potessi migliorare una cosa nel tuo percorso sportivo fino ad ora, cosa sarebbe e perché?
Non cambierei nulla perchè mi sono ritrovato a raggiungere dei risultati importanti, all’età di 34 anni, e mai l’avrei pensato, però, alla fine nello sport ci vuole fortuna, bisogna essere perseveranti. Poi ci sono stati una serie di fattori che mi hanno portato ad ottenere ottimi traguardi, amicizie, eventi. Perché cambiare qualcosa quando è già bello tutto così com’è?! Quindi ti direi che non cambierei nulla, neanche i numerosi errori che ho fatto. Ad esempio, nel mondiale 2022, ero pronto e carichissimo in partenza, dopo neanche 20 metri ho spezzato la pagaia perchè il fondale aveva una secca e, quindi, mi sono fermato lì nonostante mi fossi preparato tutto l’anno a quella gara. Poi, però, c’è stato un ragazzo siciliano (Michele Pezza) che si è immolato prestandomi la sua pagaia facendomi continuare la gara. Partivo da ultimo, chiaramente, però ero carico, arrabbiato per quello che era successo, quindi ho pagaiato come non mai e ho recuperato molte posizioni. Sono riuscito ad arrivare quinto, ma se non avessi spezzato la pagaia probabilmente avrei ottenuto una medaglia. Però, ripeto, neanche questo cambierei. Intanto perchè mi sono rifatto con i mondiali in Thailandia e la medaglia finalmente è arrivata. E poi è stato bello riconoscere un gesto che va oltre le vittorie e il podio, compiuto da una persona che ha lasciato perdere la sua gara e ha voluto far continuare la mia credendo in me. Questo vale più di qualsiasi altra medaglia per me.

Qual è stata la reazione della tua famiglia e dei tuoi amici quando hai ottenuto il Guinness World Record?
Mi hanno detto di essere molto orgogliosi, specialmente i parenti più lontani che vivono in America perchè ho portato in alto in cognome Manobianco. Io sono stato felice di averli al mio fianco, prima durante gli allenamenti, poi anche durante la prova e volevo contraccambiare questa vicinanza riuscendo nell’intento e rendendoli orgogliosi di me.

Quali sono le caratteristiche principali che un atleta di SUP deve avere per eccellere a livello internazionale?
Nelle gare di lunga distanza non deve pesare molto, non superare gli 80 chili, a differenza di uno sprintista che può tranquillamente pesare di più senza problemi. Sicuramente direi che bisogna essere molto reattivi, questa è una caratteristica essenziale per le gare tecniche, ma direi anche in generale per un atleta di sup di alto livello.

Oltre al SUP, ci sono altri sport che ti appassionano. Uno di questi sono le OCR, che sono tutt’altra cosa rispetto al SUP. Quanto importante è la competizione nella tua vita da atleta?
La competizione è importante perchè fa alzare l’asticella, è bello confrontarsi con altri atleti ma bisogna ricordarsi che il rivale non è un nemico, Anzi il rivale è un compagno: uno che si sacrifica come te, che in gara suda al tuo fianco per raggiungere probabilmente il risultato che anche tu vorresti. Questo vale per tutti gli sport ed è una percezione che mi ha fatto imparare il rispetto per gli avversari. Altro aspetto importante è la capacità che uno sport ha di avvicinare all’ambiente, alla natura, come il sup e anche OCR.

E il record del mondo di swing in squadra?
Il record che abbiamo appena stabilito con kettlebell swing in team è proprio una prova di tutto questo. Siamo stati molto bene, è stato bello rivedere tanti amici perchè lo sport deve essere anche quello: rivedersi, fare team, condividere il sacrificio, l’allenamento e, alla fine, anche un momento di convivialità. Lo abbiamo fatto in una masseria in un bosco ed è stato ancora più motivante. Siamo stati molto felici di aver anche raccolto, in quella occasione, qualcosa da devolvere agli animali (ANPA).

Hai vinto tre titoli di Campione italiano FICK nel 2023. Come riesci a mantenere un livello così alto di prestazioni in diverse specialità del SUP?
Sì, ho vinto tre titoli di Campione italiano di sup della technical race, nella long distance e nello sprint che sono discipline molto diverse tra loro. È andata bene perchè ho diversificato gli allenamenti appunto. Cercavo di diversificare gli allenamenti in base alle condizioni meteo e alle mie condizioni fisiche. Trovo errato dedicarsi all’allenamento di diverse specialità nell’arco della stessa giornata. Indubbiamente non si può essere bravissimi su tutto: durante la gara lunga, nella situazione di downwind, sapevo che difficilmente avrei primeggiato, anche perchè mi confrontavo con un avversario come Tommaso Pampinella che ‘giocava’ in casa, ad Ostia, ed era molto bravo sulle onde. Però ci ho provato, ho stretto i denti e quella gara l’ho spuntata all’ultimo chilometro, proprio nel tratto in cui ero meno bravo, stravolgendo il pronostico. È stata una delle vittorie più belle perchè inaspettata e conquistata alla fine.