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La politica Uefa da Euro 2020 in avanti

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La svolta sociale del calcio che si schiera contro ogni discriminazione

A cura di Federica Di Tora

Il calcio mondiale scende in campo contro le discriminazioni di ogni tipo. Gli Europei della scorsa estate, che si sono svolti con un anno di ritardo causa pandemia, sono diventati il palcoscenico di alcune rilevanti battaglie sociali, dal razzismo all’omolesbobitransfobia.
Proprio l’Uefa è da tempo impegnata in una campagna per l’inclusione, anche se forse stavolta qualcosa non è andato per il verso giusto. Molto, se non tutto, ruota attorno a quel ginocchio a terra diventato il gesto antirazzista del momento; un gesto, quello rappresentativo del Black Lives Matter, che è stato interpretato dalla stessa Uefa come un comportamento di natura “politica”. La valutazione dell’eventuale politicizzazione di ciascun simbolo è stata oggetto di numerose inchieste e il loro riscontro passibile di sanzione; ma tra l’apertura di un’inchiesta e l’altra, le polemiche sembrano essersi concluse con l’archiviazione delle indagini. La stessa Uefa, d’altra parte, ha sottolineato come la richiesta dell’uguaglianza tra esseri umani non dovrà mai incorrere in sanzioni disciplinari, ribattendo come la lotta al razzismo non debba essere vista come frutto di un’ideologia politica, bensì come salvaguardia dei diritti umani. Infine ha scelto i colori dell’arcobaleno per colorare il proprio logo sui social, definendo questo non un simbolo politico, ma il segno del suo fermo impegno per una società inclusiva.
Ma quali risvolti ha avuto nel concreto il ravvedimento della Uefa negli ultimi sei mesi? A pochi giorni dalla disputa della finale dell’Europeo, i dirigenti del pallone – in collaborazione con la Commissione Europea e con la Commissaria Europea per l’eguaglianza Helen Dalli – hanno rilanciato la campagna #EqualGame, che ha come obiettivo quello di rendere il calcio uno sport per tutti, indipendentemente dall’abilità, dalla provenienza, dal genere, dall’orientamento sessuale o dalla religione. Unico comune denominatore dovrà essere l’amore per lo sport.
Per sensibilizzare ancor più la collettività, alla campagna hanno aderito l’ex capitana della nazionale femminile afgana Khalida Popal, il trequartista spagnolo Juan Mata e la Federcalcio tedesca. Durante il sorteggio della Uefa Nations League, sono stati premiati per il brillante lavoro svolto nella promozione dell’inclusione e della diversità nel calcio: Popal per aver lottato contro gli stereotipi di genere e per l’emancipazione delle donne e delle comunità minoritarie attraverso lo sport, Mata in quanto co-fondatore dell’associazione benefica Common Goal che, sfruttando la popolarità del calcio, si occupa di fornire maggiori opportunità ai bambini svantaggiati, ed infine la Federcalcio tedesca che attraverso il proprio programma “Football for all” sta creando un ambiente sicuro ed inclusivo nel quale tutti possano godersi il gioco del calcio.
Inoltre il comitato esecutivo Uefa ha approvato il suo impegno per i diritti umani basato su principi riconosciuti a livello internazionale, nella speranza che un giorno il calcio possa diventare un veicolo per la promozione di questi diritti anche al di fuori del campo, coinvolgendo l’intera società ed i suoi governi, educandoli e sensibilizzandoli.

L’Uefa si concentrerà su “7 politiche” che permetteranno a tutti di giocare in un ambiente sicuro e protetto: l’antirazzismo, la tutela dell’infanzia e della gioventù, l’uguaglianza e l’inclusione, il calcio per tutte le abilità, salute e benessere, il sostegno ai rifugiati e infine la solidarietà e la tutela dei diritti. Proprio per perseguire questi obiettivi nel 2022 verranno investiti 12 milioni di euro in attività di responsabilità sociale. A settembre 2021 è invece stata lanciata in Germania la Bundesliga per giocatori che hanno subito un’amputazione, una manifestazione che ha raccolto un grande successo. Lo scorso ottobre, invece, l’Uefa si è impegnata a sostenere sia il calcio femminile che le donne nel calcio in tutta Europa, offrendo per il 2022 un programma di sviluppo attraverso l’assegnazione di borse di studio per allenatrici, per corsi di diploma Uefa, per programmi di formazione per educatrici di coach femminili e per il supporto tecnico per corsi e workshop di coaching femminile, Il tutto nella speranza che entro il 2024 si abbiano dipendenti donne che lavorino nel calcio in ogni federazione nazionale europea.
Come dire che la Uefa, dopo aver preso il palo, si salva in corner e alla fine vince il primo tempo.