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Il personaggio
 Francesco Russo, le 100 panchine del Ferguson di Paliano

Francesco Russo, le 100 panchine del Ferguson di Paliano

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A cura di Ermelindo Brunetti

Sognava di fare l’allenatore fin da piccolo, Francesco Russo. E non solo perché aveva sempre saputo di non essere un fenomeno come portiere. Ecco perché, quando a poco più di vent’anni gli affidarono la squadra Esordienti dell’Audace Genazzano, non distante da Roma, capì subito di aver realizzato un sogno.
Poi, un giorno dopo l’altro, si rese conto che quella passione gli entrava dentro ogni giorno di più. La gavetta è stata lunga, un percorso ad ostacoli fra scuola calcio, settore giovanile e dilettanti; tanto che il traguardo delle 100 panchine consecutive tagliato lo scorso 28 novembre alla guida della Polisportiva Città di Paliano ha avuto un sapore molto particolare. La continuità che ha saputo conquistare nel girone C del campionato di Eccellenza ha fatto sì che in molto già lo abbiamo soprannominato il Sir Alex Ferguson del Frusinate.

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Francesco Russo, che cosa ha provato nel raggiungere il risultato delle 100 presenze?
Quella contro la Vis Sezze è stata una giornata stupenda! Ho ricevuto un’accoglienza emozionante e inattesa da tutta la dirigenza e dai tifosi, e la premiazione prima della gara mi ha emozionato. 100 panchine rappresentano un grande risultato, ancor più per una prima squadra di Eccellenza. Ma se ci sono arrivato è perché il Paliano ha una dirigenza seria e preparata, che lavora al proprio progetto con dedizione, rispettando gli accordi e non facendo mancare nulla, ai giocatori come allo staff. È una fortuna avere alle spalle una dirigenza così; e così, giorno dopo giorno, Paliano è entrato nel mio cuore”.

Com’è nato il rapporto con il Paliano?
Tre anni fa c’è stata la fusione tra l’allora Paliano e l’Olevano con cui avevo appena vinto il torneo di Prima Categoria, approdando in Promozione. Dopo la fusione mi chiesero di allenare la neonata Polisportiva Città di Paliano e da lì è iniziata l’avventura. L’obiettivo era salire in Eccellenza nel giro di due o tre anni, invece l’abbiamo centrata al primo colpo grazie all’accesso alla finale di Coppa Italia”.

Qual è stata la gara che ricorda con più piacere?
“Direi la semifinale di ritorno della Coppa Italia di Promozione contro il Tarquinia Corneto. Dopo aver vinto l’andata, nel ritorno eravamo ridotti all’osso, tanto da schierare una punta da terzino. Eppure vincemmo 1-0 e nello stracolmo stadio Tintisona fu una gran festa. Ecco, quel successo lo sentii davvero mio.”

Parliamo un po’ della sua vita personale. Un allenatore dilettante deve conciliare il calcio con la famiglia e con il lavoro; lei come ci riesce?
È vero, spesso è un grande sacrificio. Io ho la fortuna di avere una famiglia che mi sopporta e mi supporta. Come lavoro faccio l’agente di commercio e durante la giornata rinuncia spesso anche al pranzo in modo da presentarmi puntuale alle 17.30 al campo. Noi siamo dilettanti e sappiamo bene di non poter vivere di solo calcio; questo però significa prendere sottogamba gli impegni. Io però amo troppo il calcio, vivere le emozioni del campo mi dà infinite emozioni. Fare l’allenatore è sempre stato il mio sogno tanto che pagherei per farlo”.

Russo, chi è il suo modello in panchina?
Le faccio tre nomi: Stefano Pioli, Simone Inzaghi e Andrea Stramaccioni. La mia tesi l’ho svolta sul 3-5-2 di Antonio Conte, un altro tecnico che stimo da sempre. In Italia però ci siano davvero tanti allenatori preparati e innovativi”.

Qual è il suo sogno nel cassetto?
“Un giorno mi piacerebbe allenare l’Aprilia, la squadra della città dove sono nato. Quello sarebbe davvero un sogno”.