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Il personaggio
 Modric, da rifugiato a Pallone d’Oro: storia di un uomo semplice

Modric, da rifugiato a Pallone d’Oro: storia di un uomo semplice

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Real Madrid CF v Rayo Vallecano de Madrid - La Liga
MADRID, SPAIN - DECEMBER 15: Luka Modric of Real Madrid presents his Balon d'Or Trophy to the crown prior to the La Liga match between Real Madrid CF and Rayo Vallecano de Madrid at Estadio Santiago Bernabeu on December 15, 2018 in Madrid, Spain. (Photo by Denis Doyle/Getty Images)

Per superare il duopolio di Palloni d’Oro Messi-Ronaldo, che durava da 10 anni, ci voleva necessariamente un combattente. E lui lo è, sin da piccolo. Tutto ciò che ha avuto lo ha conquistato tra mille difficoltà, perché la vita non gli ha regalato niente. O forse sì, il talento.

Luka Modric da Zadar, prima di iniziare a dribblare avversari sui campi da calcio ha dovuto schivare le bombe nella sua Croazia. Il bimbo magrolino con il caschetto biondo, infatti, è nato durante la guerra di indipendenza tra serbi e croati. E se ora, a risuonare nelle sue orecchie sono fischietti di arbitri o boati di tifosi, per ogni sua magia, da piccolo gli unici suoni che sentiva erano quelli delle sirene, che avvisavano l’attacco militare, o il fracasso delle bombe. Non è stato sicuramente facile per Modric affrontare tutto questo, così come la morte del nonno, di cui porta orgogliosamente il nome, ucciso dai nemici serbi.

Il calcio è stato un rifugio per lui, un modo per lasciarsi dietro gli anni della guerra, i periodi in cui l’unico pensiero era quello di salvare la pelle, insieme ai suoi genitori. Il calcio come forma di riscatto.

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(Photo by FRANCK FIFE / AFP) (Photo credit should read FRANCK FIFE/AFP/Getty Images)

Si comprende allora, come raccontare la storia di questo campione ha un significato particolare, perché è davvero una storia straordinaria. Perché una “favola” a lieto fine merita sempre di essere narrata.

È il 1985 e, nella piccola Zadar, storica capitale della Dalmazia, nasce un talento, un leader che avrebbe trascinato il suo popolo, calcistico, fino alla finale mondiale 33 anni dopo. Nel parcheggio dell’Hotel Kolovare di Zara, nascondiglio dei rifugiati croati, il piccolo Luka gioca con il suo unico amico: il pallone. Sognando la maglia dell’Hajduk Spalato, colori che Modric finora non ha mai indossato, ai rumori delle bombe sostituisce quello delle scarpette di gomma sull’asfalto e del pallone contro il muro. Ma il rumore più forte è quello del suo talento, che riecheggia tra i vicoli della cittadina croata fino ad arrivare alle orecchie di Tomislav Basic, direttore delle giovanili dello Zadar, che lo porta nella sua squadra. Messosi in luce, arriva la tanto sognata chiamata dell’Hajduk per un provino, ma si rivela una delusione: scartato perché troppo esile. Ma per chi vive tra la guerra ci vuole ben altro per abbattersi. Subito dopo, infatti, arriva la chiamata della Dinamo Zagabria, un’altra grande squadra della Croazia, che non si fa sfuggire il piccolo talento. Due anni in prestito per farsi le ossa, prima in Bosnia e poi nuovamente in Croazia, bastano a Modric per finire sulla bocca dei migliori club del mondo. È il Tottenham ad avere la meglio e, dopo 4 anni in Inghilterra, è il miglior club al mondo a comprarlo: il Real Madrid. Qui Luka diventa un giocatore di fama mondiale, uno dei migliori di sempre nel ruolo di playmaker. Vince tutto, tra cui 4 Champions League, l’ultima nel suo anno migliore. Nel 2018, infatti, viene premiato dall’UEFA e dalla FIFA come miglior calciatore dell’anno, arriva in finale nel campionato mondiale, viene eletto miglior giocatore della competizione e, infine, conquista il Pallone d’Oro.

Il piccolo Luka ce l’ha fatta. È diventato il primo croato a vincere il Pallone d’Oro, il premio più ambito tra i calciatori. Un trionfo personale ma soprattutto una vittoria di un popolo. Siamo sicuri che, sul palco della sede di France Football a Parigi, ad alzare il trofeo, insieme a lui, c’era una nazione intera oltre che, sicuramente, il nonno Luka.