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Il cielo è sempre più azzurro sul Volley femminile

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volley femminile 2019 Sportstar Magazine

La nazionale “d’argento”.

Chissà cosa deve significare avere 19 anni e giocare una finale di campionato del mondo con la maglia della Nazionale. Chissà cosa deve significare tutto questo quando ti chiami Paola Egonu e vivi in un tempo in cui, a volte, ancora si fa distinzione di colore della pelle.
Eppure, il sestetto schierato spesso in campo nello scorso mondiale nipponico di pallavolo femminile ha visto un’Italia straordinaria, un’Italia che fino a qualche decennio fa, forse,non immaginavamo nemmeno. E non ha oscurato, a pochi giorni dall’ultima partita del mondiale, la lucentezza della medaglia d’argento conquistata, la top fail della nota acqua dei campioni, che nel ringraziare le azzurre per la grande avventura vissuta in Giappone, ha coperto con un’enorme bottiglia di acqua, proprio le due giocatrici rivelazione, la italo nigeriana Paola Egonu e la palermitana di origini ivoriane Miriam Sylla. Un errore, si è scusata l’azienda, che le è costato una valanga di polemiche sui social e una certa pubblicità che ha soppiantato persino la bottiglietta della Ferragni.

Ma, parentesi di marketing a parte, questo è stato il mondiale di volley dai mille colori. A cominciare da quelli dei 24 Paesi partecipanti, che hanno schierato le migliori atlete militanti nei campionati di tutto il mondo, con le loro bandiere a far da sfondo a una manifestazione, che ci ricorda che lo sport sa far dialogare e incontrare le culture.
Quelli dello spot cartoon che, con nostalgico richiamo agli anni ‘80 e omaggiando la nazione madre dei cartoni animati, ci hanno fatto sognare ancor prima che le squadre scendessero in campo.

E poi il rosso e l’azzurro delle due finaliste. Da un alto, le leonesse serbe dagli occhi di fuoco, con delle straordinarie Stefana Veljković, Tijana Bošković e Brankica Mihajlović, vere trascinatrici e mattatrici del match. Dall’altro, le aquile azzurre della nazionale italiana, con l’esperienza di Lucia Bosetti, i muri di Anna Danesi, la spregiudicatezza di Cristina Chirichella e Miriam Sylla, la regia delle due palleggiatrici Carlotta Cambi e Ofelia Malinov e le sciabolate di Paola Egonu. È lei a volare più in alto di tutte, è lei a spiegare le ali nel mondiale, ali lunghe e lucenti, come il sorriso regalato ad ogni punto. E poi l’argento, il colore di una medaglia
che risplende come fosse oro, perchè il tie break, in fondo, è un pareggio che deve decretare un primo, a suon di punti in cui prevale chi resta più lucido fino alla fine.

Sarà stato allora per le partite tirate fino all’ultimo, punto su punto, o per le polemiche accese e spente su inutili gradazioni epidermiche, sarà stato più per lo spettacolo regalato da atlete sempre più preparate e determinate, saranno stati i 19 anni di Paola Egonu o il suo dolce sorriso sprigionato in mondovisione o le mani strette durante i cambi. Sarà per tutto questo, forse, o per tanto altro ancora, che questa Italia del volley ha stregato tutti. E allora non resta che alzare il pugno al cielo, stavolta in segno di vittoria.